Taglio del legname per la crescita dell’ambiente
In Italia, negli ultimi dieci anni, si è assistito ad un incremento della superficie forestale di 500/600 mila ettari, portando le foreste a ricoprire ininterrottamente circa un terzo del territorio. Aspetto, questo, che può comportare delle difficoltà di gestione, per esempio nel caso di incendi.
Spesso, associamo il taglio del legname ad un’azione negativa e lesiva nei confronti della natura e dell’ambiente che ci circonda. In realtà il taglio del legname viene attuato seguendo criteri di abbattimento ben precisi per garantire la crescita della zona boschiva.
In questo contesto, è fondamentale riconoscere la differenza tra “taglio del legname” e “disboscamento”, due azioni distinte, ma che vengono spesso confuse tra loro.
Il “taglio del legname”, oltre a giovare all’economia di certe aziende, viene attuato per permettere l’eliminazione di piante secche o intaccate da malattie, al fine di mantenere un controllo sullo sviluppo e la crescita delle foreste.
Il “disboscamento”, regolamentato, viene effettuato per garantire la realizzazione di altre opere, tra le quali strade, edifici, o consentire una diversa destinazione d’uso della superficie, come nel caso dei campi coltivabili.
In Italia non esiste una legislazione unica che regolamenta il taglio delle zone boschive, infatti, ogni Regione o Comune adotta delle proprie normative: c’è chi decide l’abbattimento di determinate zone estese e chi sceglie di identificare zone più estese in lunghezza, ma meno in larghezza.
Il taglio del legname, dunque, non dev’essere visto come un’azione puramente economica e dannosa nei confronti della natura, ma, se attuato rispettando le regolamentazioni predisposte, come un’occasione di attenzione per l’ambiente che ci circonda.