Il Pino Mugo o Pino Nano, conosciuto semplicemente come Mugo, fa parte della famiglia delle conifere (poiché produce frutti a forma di cono), d’alta montagna e si presenta sotto forma di cespuglio, anche di grandi dimensioni. Di solito non supera i due metri d’altezza e occupa lo spazio tra il limite del bosco e le rocce, tra i 1500 e i 2600 metri di altitudine, ma lo si può trovare anche nelle zone aride e rocciose a quote molto più basse, quasi a livello del mare.
Il Pino Mugo è molto diffuso in tutte le Alpi, per cui non è considerata una pianta a rischio estinzione. Tuttavia, la conservazione dell’ambiente “a mugo”, cioè la mugheta, è considerata di primaria importanza dalla Direttiva Habitat di Rete Natura 2000 della Comunità Europea, la quale prevede termini e regole che ben pochi conoscono e che non vengono applicate abbastanza.
Si tratta di un albero a tutti gli effetti ed estremamente adattabile, per questo si potrebbe definire molto astuto. In alcune situazioni assumo forma arborea e cresce diritto, sviluppandosi in altezza anche di parecchi metri, ma di norma preferisce rimanere basso e farsi ricoprire del tutto dalla neve invernale, aspettando pazientemente il disgelo della stagione primaverile. In questo modo con il peso della neve il mugo riesce a curvare i suoi elastici rami senza spezzarli, a differenza di alberi molto robusti, come l’Abete rosso o il Larice, i quali sporgendo dal manto nevoso non riescono a resistere alla forza delle valanghe e finiscono per essere spazzati via. Si è così adattato a questa particolare situazione di lunghi mesi di letargo, da aver imparato a compiere la fotosintesi clorofilliana sotto la neve e con temperature sottozero, non solo nelle foglie a forma appuntita (aghifolia) ma anche nel fusto legnoso. Interi ripidi pendii sono ricoperti da boschi striscianti di mugo, dal caratteristico colore verde scuro, e robuste radici ben ancorate al terreno che tengono ferma la neve, evitando così le slavine.
Il Pino mugo è una pianta medicinale di primaria importanza e l’elenco dei suoi benefici ed effetti è veramente lungo. Va ricordato come la caratteristica principale che rende diversi i preparati a base di erbe dai medicinali di sintesi è che quest’ultimi, di solito, contengono uno solo o pochi principi attivi di sintesi, mentre i rimedi naturali di origine vegetale possono contenere un numero molto elevato di sostanze, indicato come fitocomplesso, per cui i vari componenti agiscono in sinergia, aumentandone l’effetto rispetto all’assunzione separata. Il Pino mugo è un efficace esempio di questa marcia in più che possono avere i preparati naturali. Ad esempio, l’olio essenziale di mugo è un efficacissimo antibatterico, antivirale e balsamico, che agisce altrettanto bene del più esotico e conosciuto Tea tree oil. Scioglie il catarro, frizionando petto e schiena con un olio leggero, ad esempio di mandorle, contenente qualche goccia di olio di mugo, ma è anche analgesico e antinfiammatorio che usato per massaggiare le articolazioni, allevia il dolore causato da reumatismi ed artrosi, oppure da traumi. Contiene vitamina C, quindi aiuta il sistema immunitario e tiene sotto controllo il colesterolo LDL (quello dannoso). Stimola la circolazione, producendo effetti positivi sull’osteoporosi e, essendo rilassante, aiuta a contenere lo stress. Quindi molti effetti positivi in un unico preparato, un vero dono di Madre Natura, da imparare a conoscere e da usare.
Una preparazione tradizionale è quella di raccogliere le pigne del mugo in estate (attenzione, è una specie protetta, nella raccolta non va danneggiata la pianta e si può prelevare una quantità limitata di pigne), metterle in un vaso di vetro immergendole nello zucchero e poi esponendo il tutto al sole, a vaso chiuso per conservare le sostanze volatili, per circa 30 o 40 giorni, controllando di tanto in tanto e aggiungendo zucchero se necessario, poiché lo sciroppo che si forma col calore solare occupa meno spazio dello zucchero normale. Questo sciroppo avrà estratto i principi attivi del mugo e potrà essere usato durante l’inverno per contrastare i disagi stagionali da raffreddamento, oppure per aromatizzare la grappa, ma senza le pigne poiché l’acool ne scioglierebbe la resina, curativa ma poco gradevole al palato.
Per quel che riguarda il Cansiglio ed il Monte Cavallo, in Val Salatis, la lunga e selvaggia valle che sale dalla strada asfaltata (Malga Cate) fino alla Val Sperlonga e alla piccola sella che porta al rifugio Semenza del Club Alpino sezione di Vittorio Veneto, si trovano delle magnifiche mughete, sui ripidi ghiaioni sotto le crode. Negli anni 20 del secolo scorso, una grossa ditta farmaceutica milanese aveva costruito una teleferica di 8 chilometri, che collegava la Val Salatis direttamente al paese di Lamosano, per trasportarvi i rami di mugo, dove veniva distillato l’olio essenziale poi venduto in tutta l’Italia. 30 operai stagionali lavorarono per 10 anni ma poi la materia prima si esaurì e la distilleria fu spostata a Cimolais.
Varlam Tichonovic Salamov, scrittore, giornalista e poeta russo che, per le sue critiche al potere stalinista, passò ben 18 anni nei campi di concentramento, i famigerati gulag, in zone fredde e inospitali. Nella sua opera “I racconti della Kolyma”, un’area mineraria divenuta nota come “la terra della morte bianca”, definì il Pino mugo “l’albero più poetico della Russia, più anche della Betulla”, e lo descrisse in questo modo: “…durante l’inverno, in particolare quando arriva la neve, il mugo si curva e arriva a coricarsi sul terreno in modo che la neve, ricoprendolo, formi quasi una duna rispetto alla superficie immacolata ed uniforme: insomma si addormenta, va in letargo come un orso. Quando arrivano le avvisaglie della primavera, il mugo si raddrizza, si rialza e riprende la sua postura di albero. Non si creda però a un atteggiamento meccanico o consapevole che dir si voglia: il mugo è un credulone: se, in pieno inverno e con la neve, si accende un fuoco, lui sente il calore e si rialza, per poi ricoricarsi appena avverte che non è ancora arrivato il momento di stare in piedi. Il mugo è il profeta del tempo, e già su questo l’uomo è in difetto nei suoi confronti: i cinque sensi di cui dispone non sono sufficienti né per le predizioni né per le profezie.…”. Una descrizione letteraria ma perfettamente scientifica seppur composta in periodi di grande sofferenza, sia fisica che psicologica.
Articolo a cura di Toio de Savorgnani