Marzo: Sambuco

Il Sambuco, e propriamente il Sambuco nero (Sambucus nigra) a bacche nere, di cui vogliamo parlare, si differenzia da quello montano a bacche rosse (Sambucus racemosa) i cui semi sono tossici, e dal Sambuco erbaceo (Sambucus ebulus) completamente tossico. Il Sambuco nero è una creatura modesta e apparentemente dimessa. Sembra più un grande cespuglio, che un albero, di rado supera i 5 metri di altezza. Le foglie hanno un odore strano, a tratti sgradevole, quasi fosse una medicina, e non fa fiori appariscenti, ma che emanano un dolce profumo di miele, più intenso all’alba, quando il vento non ha ancora disperso il polline. 

Molto diffuso in area collinare e montana, nella vecchia Europa aveva una grande importanza: era considerato un’entità femminile e lunare, chiamata Holuntar , cioè l’Albero di Holla - o nelle sue varianti di Holda, Perchta o Berta - la Grande Dea Madre, saggia, amorevole e dispensatrice di cura, protezione e nutrimento. Emanazione della Dea, il Sambuco era ritenuto il guardiano delle dimore umane e dei campi coltivati, per questo veniva fatto crescere vicino alle case, in quanto protettore dai serpenti velenosi, dalle malattie, ma anche dalle magie degli stregoni neri che, a loro volta, erano terrorizzati dall’essere battuti da un bastone di questo albero. Nelle antiche leggende i flauti magici erano ottenuti da rami di Sambuco, asportando il morbido midollo centrale. La pianta, da cui togliere il ramo, doveva crescere in luoghi selvaggi, lontani dalle case degli uomini, là dove non si sentiva il canto del gallo, pensando che fosse così penetrante da modificare le qualità sonore del legno. Essendo considerata la protettrice dei campi, della casa e dei suoi abitanti, a Madre Sambuco si portavano offerte, deponendole ai suoi piedi: dolci e latte in Scozia, latte in Svezia, pane e birra in Germania, ed un saluto molto comune tra gli agricoltori recitava “..giù il cappello davanti al Sambuco!”. 

Un altro segno dell’importanza del Sambuco era quello di ritenerlo abitato da molti tipi di creature magiche. Si credeva, ad esempio, che nelle notti estive tra i suoi rami si potesse vedere il re degli elfi, con tutta la sua corte, il tenero midollo era abitato dai coboldi, protettori del focolare domestico. In molte vecchie culture, inoltre, si pensava che le radici del Sambuco fossero la porta del mondo sotterraneo, sia per l’accesso al regno della morte, sia, al contrario, come passaggio per il ritorno al mondo terrestre, attraverso la nascita. Un’antica credenza russa raccontava che le nove o dodici vergini che venivano a prendere le anime dei defunti, dovevano prima salire alla montagna sacra ed ottenere il permesso dalle tre Madri Sambuco anziane per spegnere il fuoco di quelle vite, che sempre col loro permesso avevano acceso all’inizio. Erano, poi, le tre Dee stesse ad accompagnare le anime, consolandole e alleviando le loro paure, fino al tunnel di luce dove avrebbero trovato ad accoglierle la Betulla, il guardiano della porta della vita e della nascita, nel ciclico ritorno della reincarnazione: una certezza che ha accompagnato da sempre l’umanità.

Nel calendario arboreo, Beth, Luis, Nion dei Celti, il Sambuco rappresenta il tredicesimo mese lunare, che termina nei giorni del solstizio invernale, uno dei due periodi più importanti dell’anno, la cosiddetta porta invernale.

I due alberi guaritori dei climi temperati - in Europa centrale e del nord, nelle regioni balcaniche - erano il Tiglio e il Sambuco, noti ed usati fin dalla preistoria. Ed infatti di queste piante si usavano, con sapienza e conoscenza, tutte le parti, dalle radici alle foglie, dai fiori ai frutti.

Il Sambuco cresce soprattutto su terreni fertili e ricchi di acqua, persino sul bordo dei torrenti, e si può utilizzare per curare molti tipi di disagi, anche se l’uso più diffuso è quello per guarire dai malesseri del raffreddamento. I fiori, profumati e ricchi di polline, si utilizzano per fare uno sciroppo dolce e frizzante, da bere diluito con acqua. Sempre i fiori, essiccati all’ombra, venivano usati in infuso (un cucchiaio per tazza in acqua calda), come sudoriferi, febbrifughi e rilassanti. Le frittelle di fiori erano una tradizione del periodo estivo, quando il loro profumo era all’apice. 

Le bianche infiorescenze alla fine dell’estate e verso l’inizio dell’autunno, a seconda della quota, si trasformano in neri grappoli di bacche, ricche di vitamina C e di altri principi curativi per raffreddori ed influenze. Di queste bacche, si utilizzano solo quelle ben mature, poiché quelle verdi hanno un gusto un po’ acre e possono risultare leggermente tossiche. Le bacche mature si fanno bollire, dolcificandole con il miele o lo zucchero, potendo così ottenere sia un succo da bere, un po’ diluito, sia una buonissima marmellata. Succo e marmellata, oltre al loro buon gusto, risultano delle vere e proprie medicine naturali, che possono aiutare a prevenire o a curare i malanni invernali, ma pure alleviare i dolori reumatici alle articolazioni, disagi che un tempo si contrastavano anche con un infuso a base di corteccia, fiori e bacche. Con i fiori, messi a macerare per tre mesi nel vino bianco con l’aggiunta di zucchero o miele,  si otteneva uno sciroppo contro la tosse persistente. 

Il Sambuco, dunque, ha un’azione antinfiammatoria sull’apparato respiratorio ed immunostimolante, nonché di depurazione del fegato e del sangue, ma risulta utile, in realtà, per una notevole serie di altri disagi fisici. Un tempo era rimedio molto usato da medici, erboristi e farmacisti, prima che la chimica di sintesi diventasse di uso comune. La ricerca moderna ha prodotto senz’altro numerosi medicinali importanti, che salvano moltissime vite, ma forse varrebbe la pena riscoprire gli antichi rimedi naturali, sia per curare i disagi meno gravi sia per prevenirli.
Se una sola pianta come il Sambuco nero, infatti, possiede così tante potenzialità curative, come è possibile non restare colpiti dalle infinite possibilità terapeutiche che ci mette a disposizione il mondo vegetale? Un enorme patrimonio che la Natura ci mette a disposizione e che potremmo sfruttare molto di più, seguiti e consigliati da persone esperte e qualificate, con cautela e senza improvvisazioni.

Articolo a cura di Toio de Savorgnani

Contattaci