Febbraio: Betulla

Betulla, l'albero splendente

Se in mezzo al bosco, vedete un albero diverso da tutti gli altri, spesso isolato, flessuoso, slanciato, dalle foglie piccole che danzano a ogni soffio di vento, di color verde brillante in primavera ed estate e color oro in autunno, che attira l’attenzione soprattutto per la corteccia così bianca da sembrare illuminata, ecco, quella è la Betulla. Infatti il suo nome deriva da un’antica parola nordica che significa bianco splendente.

La Betulla ha rami sottili e sembra all’apparenza una creatura fragile e delicata, ma non è così, cresce in terreni aridi e pietrosi, in suoli acidi e molto umidi, in luoghi dove tante altre piante non resistono. Ha una grande resistenza al freddo ed è quindi molto comune nel nord Europa o in Siberia, forse una delle prime forme di vegetazione arborea a tornare a coprire la terra dopo le glaciazioni. È l’albero che meglio di altri riesce ad equilibrare l’acqua nel terreno e, se il suolo è ricco d’acqua, acquitrino o torbiera, un bosco di Betulle riesce ad evaporare più acqua di una equivalente superficie di mare. Un miracolo della Natura. 

I nostri antenati preistorici usavano il carbone di Betulla polverizzato, unito alla resina di pini o abeti, come colla per bloccare le punte di selce sulle frecce. Anche Ötzi (la cui mummia è conservata  al Museo di Bolzano, andate a visitarlo, è splendido..), l’uomo del Similaun, vissuto circa 5000 anni fa in Alto Adige, aveva  oggetti di Betulla.

Nella spiritualità animistica siberiana la Betulla era l’albero sacro che veniva tagliato e portato nelle capanne al solstizio invernale, una sorta di bisnonno dell’albero di Natale.

Anche l’altare sciamanico ancestrale, forse una delle prime costruzioni religiose dell’umanità, l’Ovaa o Obaa, era fatto con i tronchi secchi di tre Betulle uniti a piramide.  

 

La corteccia, resistente ed elastica, era usata sia per le canoe che per piccoli contenitori; la parte più esterna si stacca a fogli sottili simili alla carta e veniva utilizzata per la scrittura: i Veda, antichi sacri libri indiani, erano scritti su corteccia di Betulla.

La scrittura celtica, diffusa nel nord Europa e fino alle Alpi, era basata sulle lettere dell’Ogam, cioè dell’alfabeto arboreo o Beth Luis, ogni lettera era il nome di un albero e Beth, la prima lettera, era proprio la Betulla. Anche i sacerdoti celtici, i saggi Druidi, incidevano le magiche Rune sui rami di Betulla. I primi freddi giorni dell’anno in tutto il centro nord dell’Europa si festeggiava Imbolt, il rito della luce che ritorna e l’inverno che comincia a cedere. Si accendevano grandi fuochi per rendere omaggio alla dea Brigid, il cui nome deriva forse dall’indoeuropeo bhereg, cioè la Betulla. Per noi Brigid è diventata S. Brigida e il 2 febbraio si festeggia la Candelora, cerimonia durante la quale si va in chiesa a prendere le candele benedette (la luce che ritorna) da  accendere quando imperversano le avversità atmosferiche: si tratta di sorpassate superstizioni o il segno sottile di una  ancestrale sapienza che abbiamo quasi del tutto perso per strada? Anche le parole a volte vengono da lontano e chissà se il nostro vocabolo dialettale che indica il pezzo di legno, la brega (al femminile!) non derivi proprio dall’antichissimo bhereg; anche nel vicino Alpago la Betulla è chiamata la Bredola, sempre al femminile. Per i russi di un tempo la Betulla era definita la Madre del Popolo, il suo legno veniva utilizzato come materiale da costruzione, per riscaldarsi, e la sua corteccia tornava utile per la produzione di molti oggetti e per curarsi.

Ha molti usi curativi, ma non viene usata spesso, la dovremmo riscoprire. I nostri antenati, pur non disponendo di laboratori evoluti, si basavano sull’osservazione e così raggiunsero risultati che oggi ci lasciano stupiti. Un albero in apparenza tanto delicato, ma capace di resistere al gelo siberiano, all’aridità come all’eccesso d’acqua, simbolo della luce dopo il buio inverno, non può che essere un maestro della rinascita, dell’equilibrio e della resistenza, quindi ha un’azione riequilibratrice psichica ed antidepressiva. Si usano gemme, foglie, corteccia e linfa; quest’ultima, che sgorga abbondante in primavera da un’incisione sul tronco, è un forte diuretico e purificatore di sangue e fegato. Le tenere foglie primaverili si possono aggiungere  alle insalate.  La grande mistica e santa Ildegarda di Bingen usava mille anni fa i fiori per curare piaghe, ferite ed ulcere. 

" fisicamente può sembrare  morbida e umile, ma la Betulla è una delle forze più potenti dell’Universo, quella dell’amore e della sollecitudine "

Lo Spirito degli Alberi, Fred Hageneder (Edizioni Crisalide)

ALLA BETULLA, MADRE DEGLI AUTUNNI
una poesia in Orientamenti e altri ritorni, Toio
De Savorgnani e Edi Canal

Nell’immobile azzurro
l’appena tremulo giallo
oro di foglie alla fine del tempo.

Esili fusti chiarore di neve
Ricordano il prossimo gelo.

Madre del popolo, albero santo,
madre d’autunni  e regina d’inverni,
dolce calore  e aspre cortecce.

Articolo a cura di Toio de Savorgnani

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